Alle origini del fenomeno sportivo. Una "tesina" per l'esame di maturità

 

 

  

Lo sport, un prodotto della rivoluzione industriale

nell'Inghilterra vittoriana del XIX secolo

  

Il grande sviluppo tecnico e scientifico che si ebbe in Europa alla metà del XIX secolo fu accompagnato da un sentimento di crescente e fiducioso ottimismo nei riguardi del futuro. Si credeva che il Progresso fosse inarrestabile, che la Scienza potesse risolvere anche i problemi sociali, che l'Umanità riuscisse a dominare la natura, piegandola alle proprie necessità. Tutto ciò era precisamente il frutto della cultura positivista.

[ >> FILOSOFIA: Il Positivismo ]

 

Si diffondeva tra i benestanti la voglia di vivere e divertirsi: i ricchi approfittavano delle comodità offerte dai nuovi e più veloci mezzi di trasporto per fare viaggi all'estero, escursioni in montagna, bagni al mare. Una nuova attenzione per il corpo, che si voleva agile e robusto, favorì il diffondersi di un fenomeno fino ad allora sconosciuto. Per indicarlo fu appositamente coniato il neologismo sport.

 

Il termine sport deriva dal francese medievale desport che i dizionari traducono generalmente con divertimento e dal quale deriva anche l'italiano diporto. Con varie sfumature di significato, il vocabolo si ritrova sia nella lingua inglese che in quella francese dell'età moderna a designare la caccia e solo a metà dell'Ottocento cominciò a essere usato con un significato prossimo a quello attuale.

 

 

 Giochi nella campagna inglese (stampa, 1867)

 

 

Il fenomeno sportivo come l'intendiamo noi nacque nell'Inghilterra vittoriana del XIX secolo, quando assunsero forma e regole il calcio, il rugby, l'atletica, il nuoto, l'ippica, il pugilato. Gli sport formalizzati dagli inglesi non erano nuove invenzioni, ma piuttosto riscritture di pratiche preesistenti, alle quali gli inglesi infusero una rigida regolamentazione e soprattutto un nuovo spirito, in sintonia con la cultura della “nuova industria”.

[ >> LETTERATURA INGLESE: The Victorian Age ]

 

I giochi dell'epoca precedente erano caratterizzati dall'indeterminatezza delle regole, dall'assenza di spazi regolamentari, dalla durata illimitata delle competizioni. Le distanze naturali (da un villaggio all'altro, da una riva del fiume all'altra...) che rappresentavano un tempo le mete prefissate di una corsa a piedi o di una gara di nuoto, vennero gradualmente sostituite da distanze convenzionali. Lo sport moderno, lo stesso che conosciamo noi, doveva infatti potersi praticare in spazi predefiniti, con le stesse regole e le stesse unità di misura, riproducibili in ogni angolo del mondo.

 

 La squadra di un college (1888)

 

Fin dall'inizio, lo sport andò configurandosi come una delle espressioni più caratteristiche della società industriale e capitalistica: la razionalizzazione delle distanze, la misurazione dei tempi, l'universalizzazione delle regole diventavano i tratti distintivi di un processo di standardizzazione tipico della società capitalistica, la quale, in fabbrica come nello sport, persegue il raggiungimento del miglior risultato o della miglior prestazione nel minor tempo possibile.

 

Fu una rivoluzione culturale che, a partire dai college inglesi, dilagò poi in Europa e nel resto del mondo. Presidi e direttori dei college furono i primi a regolamentare l'attività sportiva all'interno dei loro istituti, con l'intento di farne un veicolo di moralità e di educazione. Proprio la marcata impronta educativa dello sport ne favorì l'espansione in Europa.

 

In Francia, il diplomatico Pierre de Coubertin (1863-1937) divenne un grande propagandista del modello sportivo britannico, poiché lo riteneva in grado di infondere elementi educativi in sintonia con la modernità della cultura industriale. Per questo si fece promotore della rinascita del mito di Olimpia.

[ >> LETTERATURA GRECA: Pindaro e la VII Olimpica ]

 

 Atene 1896 (Prima Olimpiade dell'Era Moderna)

 

 

La prima Olimpiade dell'Era Moderna si svolse ad Atene nel 1896. Valore sacro dell'olimpismo decoubertiniano era il principio del dilettantismo, ben rappresentato dalla figura del gentleman amateur, cioè colui che poteva permettersi di gareggiare per puro diletto, per una semplice medaglietta o per una corona d'alloro, non per denaro o altre gratificazioni materiali, a differenza dei “professionisti” dell'epoca, solitamente le persone

più povere, che gareggiavano nelle fiere di paese per portare a casa qualche soldo o premi in natura per dar da mangiare alla famiglia.

 

In Italia, nell'aprile del 1896, proprio in coincidenza con l'inizio delle Olimpiadi di Atene, nasce La Gazzetta dello Sport. Due anni dopo, nel maggio del 1898, si disputa a Torino il primo campionato di calcio, vinto dal Genoa Cricket and Football Club. Nel 1909 si corre il primo Giro d'Italia che vede trionfare Luigi Ganna. Nel 1910, all'Arena di Milano, debutta, contro la Francia, la Nazionale italiana di calcio, che nella partita di ritorno indosserà per la prima volta la divisa azzurra, in omaggio al colore di Casa Savoia.

[ >> STORIA: L'Italia tra '800 e '900 ]

 

 

 1° numero della Gazzetta dello Sport (3 aprile 1896)

 

 

Intanto, aumentavano i praticanti, nascevano nuove associazioni sportive che avevano come scopo quello di formare (con la ginnastica, la scherma, la lotta e il pugilato) le nuove leve militari, oppure di combattere (con il calcio e il ciclismo) la piaga dell'alcolismo, così diffuso tra le classi popolari. Anche lo sport contribuì a cambiare l'Italia negli anni della Belle Epoque: salute, velocità e dinamismo erano le parole d'ordine di chi si opponeva all'immobilismo borghese e guardava ancora fiducioso al futuro. .

[ >> LETTERATURA ITALIANA: Il futurismo ]

 

In Italia come nelle altre nazioni, lo sport era insieme sforzo, disciplina, salute e spettacolo. Roba per ricchi, all'inizio, i quali avevano tempo da perdere e soldi da spendere. Ma la progressiva riduzione dell'orario di lavoro imposta dalle lotte operaie fece sì che lo sport cominciasse ad essere praticato anche tra le classi meno abbienti. A partire dal 1906, la conquista delle otto ore di lavoro trasformò lo sport da loisir (svago, passatempo) socialmente elitario in fenomeno di larga partecipazione popolare.

 

 Londra 1908: Dorando Pietri all'arrivo della Maratona

 

Alcune discipline per le quali non era richiesta un'attrezzatura particolarmente costosa (il calcio soprattutto, ma anche il ciclismo, essendo la bicicletta spesso uno strumento di lavoro) diventarono presto molto popolari. Tra le due guerre, grazie alle imprese leggendarie di tanti campioni (in Italia: Binda, Carnera, Coppi e Bartali, Nuvolari, il Grande Torino....), lo sport si avvia a diventare quel fenomeno di massa che conosciamo oggi.

 

Da formidabile strumento di propaganda dei regimi totalitari (Italia fascista, Germania nazista, Russia sovietica) a“bandiera”dell'orgoglio e dell'identità nazionale dei popoli, negli ultimi decenni, attraverso lo sviluppo tecnologico delle televisioni, lo sport ha assunto una dimensione planetaria. Piegato agli interessi dei grandi potentati economici, lo sport delle origini appare ora soltanto un romantico ricordo. (l.m.)

 

 

Coppi e Bartali al Giro d'Italia del 1949

 

 

L.M. / Liceo Classico G. Bruno – Budrio

Esame di Maturità 2015

 

 

 

 

   

 

 

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